Quali casi accettiamo?

Le responsabilità mediche

Siamo al servizio di coloro i quali hanno subito un danno procurato da un trattamento terapeutico imprudente, errato o nefasto, che abbia condotto al peggioramento delle condizioni di salute fino al decesso del paziente.

Quando si può parlare di colpa del medico?

La colpa medica richiede il superamento del rischio consentito, il quale si verifica quando le norme di prudenza, diligenza e perizia non sono osservate; sono, pertanto, proprio le regole dell'arte a costituire il limite alla perizia esigibile in quanto circoscrivono l'area del rischio prevedibile. Il medico incorre in colpa se dalla propria condotta, omissiva o commissiva, sia derivato un danno e se tale danno fosse prevedibile e prevenibile mediante l'osservanza delle leges artis; viceversa, se il danno si é verificato nonostante le regole tecniche siano state fedelmente osservate, non potrà affermarsi la colpa del medico, trattandosi di rischio consentito dall'ordinamento nel momento stesso in cui autorizza tale attività

Locatelli, op. cit.

NORME DEL CODICE CIVILE ATTINENTI ALLA RESPONSABILITà MEDICA

ART 2043 IL RISARCIMENTO DEL DANNO, UNA REGOLA GENERALE
Qualunque fatto doloso o colposo che cagioni ad altri un danno ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno.

ART 1176 LA DISCIPLINA DELL’OBBLIGAZIONE
Nella fattispecie generale la norma richiede che nell'adempiere l'obbligazione, il soggetto tenuto ad adempierla ( nel nostro caso il medico) deve usare la diligenza del buon padre di famiglia.

Che cosa si intende? La diligenza indica le modalità di esecuzione della prestazione e impone, nel nostro caso al medico, di fare tutto quanto necessario a soddisfare l'interesse del paziente all'esatto adempimento.
L’obbligazione del medico dunque non consiste nella garanzia di un risultato, che sia la pronta guarigione o il miglioramento delle condizioni di salute, ma si intende come obbligazione di mezzi, che durante il processo terapeutico, induca il medico ad assumere determinati comportamenti che siano ragionevolmente conformi, soprattutto per le pratiche ormai consolidate, alle best practice più accreditate dalla comunità scientifica.
Per operazioni sperimentali?
La norma 2236 pone una limitazione alla responsabilità del professionista per le ipotesi di imperizia che siano dipese dalla complessità o dalla novità dell'opera richiesta. In tali situazioni non sarà invocabile la responsabilità dello stesso.

ART 1218 LA TUTELA DEL PAZIENTE
Il medico (obbligato) che non esegue esattamente la prestazione dovuta é tenuto al risarcimento del danno, salvo dimostrazione della prova (a carico del medico) che l'inadempimento o il ritardo é stato determinato da impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile.

ART 2236 PIù DI UNA SEMPLICE DILIGENZA: LA DILIGENZA QUALIFICATA DEL MEDICO
Se la prestazione implica la soluzione di problemi tecnici di speciale difficoltà, il medico non risponde dei danni, se non in caso di dolo o di colpa grave.
La diligenza richiesta al professionista é una diligenza qualificata, superiore a quella che viene richiesta ad una persona comune (c.d. diligenza del buon padre di famiglia), ed é commisurata alla prestazione che lo stesso deve eseguire.
Il professionista, infatti, risponde per negligenza, imprudenza e colpa lieve, atteso il maggior grado professionale che si presume in capo allo stesso.

Il cliente che intenda agire per ottenere il risarcimento ha l'onere di provare:
1) danno subito,
2)la colpa del prestatore d'opera intellettuale,
3)il nesso di causalità tra colpa e danno.

Cosa implica la diligenza qualificata?
Data la maggiore diligenza richiesta al medico, la legge esclude la limitazione di responsabilità del professionista nelle ipotesi di negligenza o imprudenza.

Fonti: Brocardi, Locatelli e Nostra elaborazione

CHE TIPO DI RELAZIONE SUSSISTE TRA MEDICO E PAZIENTE?

La relazione che si instaura tra medico libero professionista e paziente dà luogo ad un rapporto di tipo contrattuale, sulla base del quale il primo si impegna a svolgere l'attività necessaria e utile in relazione al caso concreto e in vista del risultato che il malato spera di conseguire (Locatelli, op. cit.).
In altre parole, il professionista si obbliga a prestare la sua opera con la dovuta diligenza, ma senza garantire al malato la guarigione che dovrebbe derivare dal trattamento.
In materia di responsabilità da malpractice, non si può dimenticare che, invece, piuttosto controversa, per diversi anni, é stata la natura della relazione tra medico dipendente di una struttura ospedaliera pubblica e paziente [Locatelli, op. cit.], poichè in tal caso il rapporto con il paziente sarebbe determinato dalla turnistica interna a ogni reparto, non certo da quel rapporto fiduciario che caratterizza il contratto d’opera intellettuale.
Secondo un primo orientamento, l'accettazione del paziente comportava la conclusione di un contratto atipico c.d. di spedalità e di cura ˗ avente ad oggetto, oltre alla prestazione sanitaria intesa nel senso più ampio, comprensivo della messa a disposizione del personale ausiliario, dei mezzi tecnici e dei farmaci, anche prestazioni ulteriori di carattere alberghiero ˗ con l'ente ospedaliero, il quale assumeva a proprio carico nei confronti del malato l'obbligo di compiere l'attività necessaria in relazione alla specifica situazione patologica.
[ Cass., 8.3.1979, n. 1716, in Giur. it., 1981, I, 1, 297 ; Cass., 21.12.1978, n. 6141, cit; Cass., 26.3.1990, n. 2428, in G. it., 1991, I, 1, c. 600, con nota di Carusi, Responsabilità del medico, prestazione professionale di speciale difficoltà e danno alla persona; Cass., 13.3.1998, n. 2750, in G. it., 1999, p. 2279.]
Secondo un opposto orientamento, anche la responsabilità del medico dipendente dell’ente ospedaliero per i danni subiti dal paziente a causa della non diligente esecuzione della prestazione medica aveva natura contrattuale, di tipo professionale.
Il dubbio circa la qualificazione del rapporto tra medico dipendente e paziente venne sciolto dalla sentenza Cass., 22 gennaio 1999. n. 589[ In Corr. giur., 1999, 441.], definita “epocale”, la quale ha affermato che “l’obbligazione del medico, dipendente dal servizio sanitario, per responsabilità professionale nei confronti del paziente, ancorchè non fondata sul contratto ma sul contatto sociale, ha natura contrattuale”. Infatti, continua la Corte, “la prestazione resa dal medico al paziente é sempre la stessa, vi sia o non vi sia alla base un contratto d’opera professionale tra i due soggetti. … L’assenza di un contratto dal punto di vista formale, e quindi di un obbligo di prestazione da parte del sanitario dipendente nei confronti del paziente, invero, non può escludere l’obbligo della professionalità”;

CONSEGUENZE APPLICATIVE:

-Ciononostante, il concorso tra azione contrattuale ed extracontrattuale é stato ritenuto comunque configurabile quando il fatto imputabile al medico sia qualificabile ai sensi dell'art. 1218 c.c. in termini di inadempimento e, contemporaneamente, ai sensi dell'art. 2043 c.c. in termini di fatto illecito; Così ragionando, viene data al paziente-creditore la possibilità di scelta. Egli potrà agire azionando alternativamente Il concorso di responsabilità contrattuale ed aquiliana, [Cedam, 2012 , 20 ss.] o il rimedio contrattuale o quello extracontrattuale.
-[ Le due forme di tutela sono tra loro in rapporto di alternatività, poichè non sono mai state ammesse duplicazioni risarcitorie. Tuttavia é consentito al creditore danneggiato di cumulare i vantaggi delle due azioni, intentando l’una successivamente all’altra nel tentativo di ottenere, con la seconda, quanto non ottenuto con la prima (in questo si parla, appunto, di «cumulo» di azioni): cfr. Frenda,

IL NESSO DI CAUSALITà

Per quanto concerne il nesso causale, il delicato tema negli anni é stato oggetto di diversi interventi giurisprudenziali e dottrinali a conclusione dei quali il ricorso al criterio controfattuale é articolato nella doppia formula:
a) la condotta umana é condizione necessaria dell'evento se, eliminata mentalmente dal novero dei fatti realmente accaduti, l'evento non si sarebbe verificato;
b) la condotta umana non é condizione necessaria dell'evento se, eliminata mentalmente mediante il medesimo procedimento, l'evento si sarebbe ugualmente verificato ˗ e di probabilità logica può dirsi ormai affermato nell'ambito della giustizia sanitaria [ Locatelli, op. cit.];
La giurisprudenza civile ha avallato l’orientamento, secondo cui deve risultare giustificato e processualmente certo che la condotta del medico sia stata condizione necessaria dell'evento lesivo con alto grado di credibilità razionale o probabilità logica, affermando anche che l'esistenza del nesso causale tra l'evento e la condotta, attiva o omissiva, del medico può essere dichiarata non solo quando l'evento lesivo ne é la conseguenza assolutamente certa, ma anche quando, rimasta incerta la causa, in difetto di prove pienamente favorevoli al medico circa la corretta e diligente esecuzione dell'intervento, sia altamente probabile che un diverso comportamento del sanitario avrebbe positivamente orientato l'esito dell'opera[ Locatelli, op. cit.].

L’ONERE DELLA PROVA E IL PRINCIPIO DELLA VICINANZA DELLA PROVA PER LA SUA ATTRIBUZIONE:

-La conoscenza delle regole dell’arte e la prova del loro rispetto dovrebbe, piuttosto, essere addossata al professionista, il quale é in grado di documentare le scelte adottate e motivare le ragioni che lo hanno indotto a compierle.
-Tale rilievo critico é stato condiviso anche dalla Suprema Corte in una serie di pronunce, che hanno sancito un importante cambiamento di rotta in campo probatorio, dal momento che il giudice di legittimità fa espresso riferimento all’esigenza di una accentuazione del “principio della vicinanza della prova, inteso come apprezzamento dell’effettiva possibilità per l’una o per l’altra parte di offrirla”.
“In tema di responsabilità contrattuale del medico nei confronti del paziente per danni derivanti dall'esercizio di attività di carattere sanitario, il paziente ha il solo onere di dedurre qualificate inadempienze, in tesi idonee a porsi come causa o concausa del danno, restando poi a carico del medico l'onere di dimostrare o che nessun rimprovero di scarsa diligenza o di imperizia possa essergli mosso, o che, pur essendovi stato un suo inesatto adempimento, questo non abbia avuto alcuna incidenza causale sulla produzione del danno.”
Cassazione civile sez. III 21 luglio 2011 n. 15993